Code o No-code?

DiPaolo

Code o No-code?

Ho iniziato nel 2008 a sviluppare applicazioni per iOs, e già nel 2010 iniziava l’offerta di portali per la creazione di app multipiattaforma al grido di “un solo codice per Apple e Android”.

Poco considerate inizialmente nelle applicazioni che andavano ad utilizzare le risorse fisiche specifiche dei dispositivi Apple o Android, si prestavano bene a prodotti più immediati, con una interfaccia e un database locale.

Negli anni i framework nativi (Xcode e Android Studio 2 più che Eclipse) si sono consolidati e le case madri hanno imposto agli sviluppatori procedure e linee guida per vedere pubblicate le proprie app.

Siamo passati anche per Clean Code e il manifesto Agile, che hanno delineato norme rivolte alla qualità del software prodotto e di come realizzarlo. Dunque oggi possiamo dire che lo sviluppo ha raggiunto quella maturità e standardizzazione che rendono “prevedibile” il codice necessario a realizzare una funzione o una sezione completa di una applicazione o un sito internet.

Black box, moduli e automazione

Ecco allora presentarsi sul mercato piattaforme “no code”, ovvero ambienti di creazione di applicazioni mobile e desktop dove ciò che vuoi ottenere si costruisce mettendo in relazione moduli precostituiti esattamente come facevi da bambino con i mattoncini.

Prevedi una fase di login del tuo utente? Bene, c’è il modulo di login associato a quello di registrazione da trascinare sulla lavagna con un click. E puoi decidere a quanti tipi di account (google, apple, Facebook ecc) garantire accesso senza crearne di ulteriori.

Chiaro, per sviluppare e mantenere le tue applicazioni poi dovrai versare un canone a chi gestisce quel portale, crescente a seconda di quante applicazioni e utenti vi avranno accesso. É la scalabilità.

Si tratta comunque di una opportunità, sia per chi non è programmatore e vuole cimentarsi come creatore di applicazioni così come per chi sceglierà di accelerare i tempi di sviluppo dei nuovi prodotti per i clienti.

Un mondo di intermediazione improduttivo, dove il prodotto sei tu

C’è un limite in questo, ed è lo stesso che trovo quando uso una piattaforma di streaming musicale anziché ascoltare i miei cd. E vale per lo streaming tv al posto dei dvd e vecchi vhs o per l’e-commerce rispetto al negozio sotto casa: smetti di acquisire un bene e ne diventi semplice consumatore, totalmente dipendente da chi ti offre quel servizio rivendendosi poi le tue abitudini tracciate.

L’evoluzione da valutare è però quella legata alla AI: oggi sei tu a trascinare un modulo per creare una pagina di login nella applicazione online usando moduli standard, ma quanto tempo passerà prima che al posto tuo ci sia una Ai alla quale chiedere “crea una app che preveda fase di login con utente google, apple o user + password”? Beh, è già cosi: la AI è ormai ovunque un modulo che puoi aggiungere al tuo framework di sviluppo e chiamata amichevolmente bot, è nei browser con i quali navighi ed è nei tuoi word processor per alleggerirti della fatica di leggere e riassumere un testo o crearne uno su traccia.

Ottimismo e consapevolezza

Da un lato dunque serve senso della realtà e, seguendo quell’adagio “se non puoi combatterli fatteli amici”, sto approfondendo da qualche tempo due tra i principali player no-code, ma ve ne parlerò in altra sede.

Dall’altro è evidente che tutto il software esistente non finirà domani e dunque sarà più probabile essere cercato se hai un’esperienza pregressa di sviluppo rispetto alla semplice “gestione di contenuti” prodotti da altri.

Info sull'autore

Paolo administrator

Curioso per natura, mi nutro di nuove esperienze e nuove conoscenze. Amo la buona compagnia, l'intelligente autoironia e sono un divoratore di letture stimolanti. Mantengo sempre un'occhio rivolto al mondo come fonte inesauribile di ispirazioni e nuovi progetti - possibilmente etici - da proporre o realizzare.